SCHERZI PER VENTOLE Giuseppe Parini. Poesie. A cura di Egidio Bellorini. Bari, Laterza, 1929
L'inizio del progetto DIY
Quando io e mio marito ci trovammo davanti a quella panca scura nella casa ormai vuota dei suoi prozii, questo è quello che ci venne in mente. O meglio, al momento ho un ricordo confuso rispetto a chi lo pensò per primo. Ma credo di non essere stata io.
Mi aggiravo in quelle stanze vuote di persone e piene di cose, un po’ stordita dalla moltitudine di questi oggetti belli - meglio - interessanti. E in penombra, già impolverato, in un meraviglioso e antiquato disimpegno che divideva zona giorno da zona notte, stava il canapè. Mi brillarono gli occhi, lo affermo con certezza, perché lo sentii. Lo vedevo di fronte a me, sospesa in una strana sindrome di Stendhal: un progetto indimenticabile, uno spazio che si costruiva nella mia testa.
Per darvi un minimo di contesto, all’epoca mio marito non era ancora marito. Non possedevo spazi da arredare, casa mia era ancora sinonimo della casa dei miei genitori. E non avevo nemmeno un luogo dove archiviare ogni meraviglioso arredo su cui volevo mettere le mani (sigh - questo neppure ora). Perciò il canapè restò dov’era.
Ma cos’è un canapè?
Il canapè (dal francese canapé e dal latino medievale canapeum) è un divano imbottito a più posti. Fornito di braccioli e spalliera è usato per lo più come mobile da salotto. Può essere realizzato con diversi materiali, ma nella sua struttura classica è generalmente composto da legno rinforzato da molle, imbottito di stoppa di canapa o lino e foderato in velluto od altre stoffe. (fonte Wikipedia). Il mio canapè era di legno intagliato, quindi molto più simile per concetto ad una panca. Per realizzarlo sono stati usati legni diversi: abete, pioppo, faggio. I più resistenti per la struttura e le componenti verticali, mentre i più morbidi per le parti decorative. Questa panca dei primi del Novecento aveva più di cent’anni. Aveva superato traslochi, cresciuto generazioni e subito trattamenti discutibili. Aveva vissuto l’alluvione del 1951 in Polesine. Era abitata da tarli e impregnata di una vernice talmente scura da sembrare nera.
Il canapè appariva come un ometto abbattuto e serio, che era stato forzato a mettersi da parte, anche se avrebbe ancora potuto narrare ricordi di tempi passati. Era una memoria, scura e lontana, eco di altre vite. E io ero decisa a portarlo di nuovo alla luce.
Dettaglio di uno dei piedi rifatti da Stefania.
Come abbiamo fatto a restaurarlo?
All’inizio l’abbiamo concepito come un progetto fai da te. Non appena entrati nella nostra nuova casa, l’abbiamo portato con noi e per qualche mese è rimasto nel garage a guardarci un po’ arrabbiato. Poi è arrivata la Primavera del 2020.
Era il nostro (e il suo) momento. Quell’anima pia di mio marito ha preso il compito sul serio: complici carta vetrata e ingegno, abbiamo cercato di rimuovere quella vernice nera, che lo faceva assomigliare agli austeri arredi per altari di un secolo fa. Ormai non era più un progetto DIY, era una sfida personale. Che perdemmo miseramente. La vernice aveva imbevuto il legno poroso e con i nostri strumenti non potevamo fare più di quello che già avevamo fatto. E di certo non erano una soluzione per i tarli e la struttura un po’ traballante.
Passarono i mesi e decidemmo che il nostro progetto andava seguito da chi sapeva cosa stava facendo. Ma cercare un artigiano non fu semplice: un po’ per la rarità di questi professionisti, un po’ perché la zona in cui potevamo muoverci era limitata. Poi internet fece la sua magia e scoprimmo il laboratorio di Bias Restauro.
Dopo un’ attenta valutazione dell’epoca del canapè, dello stato del danno e un dettagliato elenco di pro e contro del processo di restauroci sentimmo capiti. Stefania ci consigliò che tipo di intervento fare per risolvere il problema dei tarli e ci rassicurò in merito alla struttura della panca che era un po' compromessa dal tempo, dall’usura e dagli insetti.
Ciò che era partito come progetto fai-da-te, diventato poi sfida personale, ora poteva di nuovo raccontare ciò che era e fare parte di ciò che ancora deve venire.
Sono Lisa, architetto, fantasy-dipendente e scrittrice di racconti. Creiamo insieme uno spazio in cui vivere alla tua velocità, dove riunirsi con chi ami e scrivere la tua storia.
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Sono Lisa, architetto, fantasy-dipendente e scrittrice di racconti. Creiamo insieme uno spazio in cui vivere alla tua velocità, dove riunirsi con chi ami e scrivere la tua storia.