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20 Maggio 2024 •   

Le parole del legno

Scegliere arredi che raccontano una storia

Perché scegliere di restaurare? E soprattutto come farlo?

Queste due domande si sentono spesso: nelle discussioni con colleghi e amici, negli incontri con alcuni di voi. Solitamente, il punto di incontro è questo: il restauro è impegnativo, un lavoro “di fino” che deve essere eseguito da mani esperte. Per questo motivo, ho deciso di parlarne con chi ha per le mani questa materia affascinante: Stefania Biasin alias Bias Restauro. Specializzata nel restauro di opere lignee, Stefania si occupa principalmente di arredi, sculture e opere sacre.

Q. Per capire qual è il processo che ti ha portato a dove sei oggi, partiamo dalle origini. Perché scegliere questa professione?

A. Da piccola, frequentavo la bottega del nonno: fare il falegname non era il suo lavoro di tutti i giorni, ma in paese molti si affidavano a lui. All’epoca il legno era il materiale con cui si realizzavano la maggior parte degli oggetti quotidiani: per il lavoro, per l’arredo e le finiture degli ambienti, strumenti per cucinare o per la cura della casa. Ci vuole molta esperienza per capire quale specie si adatta ad un oggetto e quale va bene per un altro.

Vedere mio nonno che per passione si dedicava a questo processo fatto di ingegno e praticità, mi ha affascinato sin dall’infanzia.

Alcuni degli strumenti di Stefania

Q. Anche mia nonna mi racconta sempre che il legno era la plastica di una volta. Mi fa un po’ ridere e un po’ riflettere: molti di noi utilizzano utensili dell’epoca dei nostri nonni o li mettono in bella mostra. Chi verrà in futuro farà lo stesso con ciò che usiamo ora? Questa domanda retorica, per chiederti: qual è l'oggetto che restauri di più?

A. Sicuramente poltrone e sedie, che molto spesso escono da case che vengono svuotate. L’ultimo paio di poltroncine a cui ho lavorato, erano arrivate in un sacco, praticamente a pezzi. Ogni tanto capita di dover ricostruire un oggetto e questo è dovuto anche alla materia: il legno. Si tratta di un materiale organico, igroscopico (capace di assorbire l'acqua presente nell'atmosfera N.d.A.), suscettibile ad agenti fisici: umidità e sbalzi di temperatura, oltre che al passare del tempo.

Q. In effetti spesso gli arredi in legno sono infestati dai tarli, cosa consigli di fare in questi casi?

A. Approfitto di questa domanda per mettere l’accento su un passaggio fondamentale. Prima di intervenire è importantissimo procedere alla disinfestazione dei mobili. Oltre ad un buon restauro, il trattamento anti-tarlo da effettuarsi nel caso in cui siano presenti gli insetti xilofagi, è indispensabile. Molti di questi arredi sono ricordi “fisici” e questa fase garantisce una maggior durata dopo il lavoro.

Il mio concetto di restauro si basa sul principio del minimo intervento, chiaramente quando possibile. Ciò contribuisce a mantenere intatto il fascino dell’antico e la storia di ogni mobile con le sue peculiarità.

Il restauro è impegnativo, un lavoro “di fino” che deve essere eseguito da mani esperte.

Q. A questo proposito, quali sono gli step di un restauro? E se le parti mancanti comprendono anche tappezzerie, come nel caso di poltrone, come si interviene?

A. Innanzitutto cerco di capire in quale epoca e con che specie legnosa è stata realizzata l'opera. Poi osservo la manifattura e lo stato di conservazione della vernice: considero se toglierla o meno. Di ogni elemento di arredo valuto l’autenticità e l’integrità, che va conservata evitando la fase aggressiva della sverniciatura. A volte si può semplicemente procedere con una accurata pulitura. In seguito, ricostruisco le eventuali parti mancanti attingendo da un un piccolo deposito di legni recuperati, di varia epoca, che utilizzo per essere il più possibile compatibile con l’originale. Le ultime fasi sono la stuccatura dei fori di sfarfallamento dei tarli, la verniciatura a gommalacca a tampone e/o la finitura a cera. Nel caso delle poltrone, il mio tappezziere di fiducia ricrea imbottitura e rivestimento, tutto su misura e personalizzato.

Q. Un processo affascinante, minuzioso e delicato, che rende ancora più interessante la conservazione delle opere in legno. C’è stato un momento di svolta nella tua carriera, che ti ha portato ad aprire il tuo laboratorio?

A. Nel corso della mia carriera, ho alternato momenti di studio e di esperienza in cantiere. Lì, mi sono innamorata del legno, che spesso all’università passava in secondo piano in favore del restauro di elementi in pietra. È stata una conferma di ciò che avevo interiorizzato da bimba ed è diventata la mia strada. Ogni progetto di restauro dona una nuova vita ad un oggetto che sembrava dimenticato e anche un po’ alle nostre idee.

Q. Il tuo lavoro mi ispira perché dà la possibilità di continuo rinnovamento. Vorresti condividere un progetto che ti è rimasto nel cuore?

A.  Una cassa d’organo barocco siciliana degli inizi del Seicento. Un processo di restauro ricco di dettagli, dato che l’intera opera monumentale era dipinta e dorata a mecca*. Questa tecnica di doratura è molto particolare: veniva applicata prima la foglia d’argento piuttosto che la foglia d’oro. La superficie poi veniva trattata con una vernice, detta appunto mecca, in modo che la foglia d’argento assumesse l’aspetto della più preziosa foglia d’oro. In laboratorio, uno dei progetti più interessanti è stato il Crocefisso ligneo della Chiesa del mio paese (Parrocchia di S. Giacomo Apostolo, Arzercavalli (PD) N.d.A.) Fu uno dei miei primi restauri ed è molto importante per me perché è un’opera appartenente alla mia comunità. Alla consegna si presentava molto degradata, sporca e con parti mancanti. Il mio di restauro l’ha riportata alla sua cromia originale, ho ricostruito le parti mancanti e l’ho restituita integra e leggibile agli occhi dei fedeli, davvero molto entusiasti del lavoro. Conservo ancora oggi quelle bellissime emozioni che sono la vera gratifica del mio lavoro.

Mentre si svolge questa chiacchierata mi guardo attorno: il laboratorio di Stefania è ricco di dettagli meravigliosi, un po’ fermi nel tempo. Fuori dalle finestre lo sguardo spazia sul giardino, su frutteto e sul piccolo bosco, in cui si trova anche la legnaia. Mi rendo conto di essere in uno spazio incredibile, ormai raro: il laboratorio di un’artigiana, che profuma di legno e colla, vernice. Un po’ ritorno bambina: richiamati dai profumi, rivedo momenti vissuti con mio nonno e mio papà, nel loro piccolo laboratorio ricavato nella vecchia stalla.

Osservo Stefania e di comune accordo pensiamo: il laboratorio merita il suo spazio! Perciò, per scoprire come lavora una restauratrice e quali sono i suoi strumenti, ti invito a tornare per un’altra chiacchierata insieme!


Puoi trovare Stefania anche sul sito di Bias Restauro

*Mecca = vernice a base di alcool, gommalacca, resine naturali e ossidi che dona all’argento in foglia varie tonalità di colore oro, secondo il dosaggio della vernice e dei diversi elementi cromatici della mecca.


Playlist dell’articolo

“Breathe” - Niklas Ahlstedt, Epic Music World

“The Ancient Doorway” - McCLOUD & Truex

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