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14 Giugno 2024 • ,   

Una piccola bottega

Chiacchiere leggere per esplorare lo spazio dello scrittore

Partecipare ad un club letterario è sulla mia lista da un po’. Un sogno piccolino, coltivato un po’ in segreto, quello di condividere con altri l’amore per le parole e attraverso quelle, le nostre esperienze con la lettura. Forse è anche un modo per avvicinarsi un po’ allo spazio in cui uno scrittore costruisce mondi, parola dopo parola. Ma com’è questo spazio? Riveste ancora un po’ del suo ruolo misterioso e affascinante? 

A rispondere a queste domande, c’è Giulia Giarola che nella sua bottega della scrittura ci fa riscoprire la bellezza delle parole. E, ciliegina sulla torta, ha anche fondato il Carver Club in una delle più romantiche città del mondo: Verona.

Q. Giulia non perdo tempo e vado al sodo:  a cosa pensi se ti parlo di spazio dello scrittore? Io lo trovo qualcosa di particolare, che mi è sempre sembrato fuori dal tempo e dalle regole, quasi mistico. Lo vedi come uno spazio immaginato o reale?

A. Per me è un luogo quasi sacro, e penso debba esserlo per chiunque scriva. La nostra scrittura è condizionata da tutto, anche se non ce ne rendiamo conto: la luminosità della stanza, la comodità della sedia, gli oggetti vicini a noi, persino il profumo che sentiamo mentre scriviamo. Purtroppo, non è sempre possibile avere "una stanza tutta per sé", come diceva Virginia Woolf. Ci sono persone che scrivono in un angolo della cucina, qualcuno sul divano, altri in corridoio o in garage. C’è chi scrive in biblioteca e chi preferisce l’atmosfera di un bar, come faceva J.K. Rowling, che scrisse Harry Potter in alcuni pub di Edimburgo (The Elephant House e Nicolson's Café). Quando non possiamo avere uno spazio davvero nostro per scrivere e siamo costretti ad adattarci, è importante immaginarlo... entrarci dentro con la fantasia. Possiamo aprire una porta immaginaria e disegnare quel luogo a nostro piacimento, chiudendo il mondo fuori. Anche se ho uno studio nel mio appartamento, e quindi sono fortunata, mi piace comunque immaginare il mio spazio di scrittrice.

Accendo una candela, bevo un sorso del mio tè caldo, metto su un po’ di musica classica e in un attimo sono nel salottino di un cottage nel cuore del bosco.

Q. In quanto scrittrice, editor e copywriter lavori con le parole a tutto tondo. Come vivi questo spazio?

A. Lo amo e cerco di personalizzarlo il più possibile. Sono circondata da pile di libri, sempre a disposizione per ispirarmi e migliorare il mio lavoro. Alle pareti ho attaccato con lo scotch illustrazioni, cartoline, fotografie, appunti, lettere e ricordi preziosi della mia vita. Prima tenevo tutto quanto dentro una scatola, poi un giorno ho pensato: è inutile che delle cose così belle restino chiuse qui, preferisco viverle ogni giorno. Così ho iniziato ad abbellire il mio studio e continuo a trasformarlo in uno spazio che parla di me, con me.

Q. Esplorando il tuo profilo, si può trovare una rubrica insolita che ti ha portato a ri-creare con l’AI  gli ambienti in cui alcuni grandi autori hanno lavorato. Quali emozioni ti ha suscitato ri-creare le stanze di altri scrittori? Pensi che quello spazio li descriva o racconti qualcosa di loro?

A. È stato quasi come conoscere di persona quegli autori famosi, ed è incredibile come ogni luogo calzi a pennello con la loro personalità. Ho visitato la stanza di Jane Austen, con il suo inseparabile scrittoio; poi ho visto il mare dalla veranda di Victor Hugo. Mi sono accomodata nella camera "rosa" di Emily Dickinson e ho ascoltato musica jazz nello studio di Murakami. Ho ricreato anche la stanza di Sylvia Plath, che sulla scrivania teneva sempre un vaso di papaveri rossi e fiordalisi blu. Per ultimo, ho provato a riprodurre l’ambiente di Dostoevskij e, grazie a lui, ho capito che è possibile scrivere ovunque, anche in una casa buia e spartana, nel bel mezzo di una tempesta di neve. Ora vorrei continuare; sarebbe stupendo far crescere questa rubrica... magari con una collaborazione speciale.

Q. Ti assicuro che ognuna delle tue parole mi ha portato a vedere quelle stanze come se fossi lì. Nella tua biografia c'è scritto che progetti mondi narrativi. È una definizione affascinante, che personalmente mi proietta al di là dei confini della quotidianità e soprattutto del reale. A cosa fai attenzione in questo processo? Quali sono le basi del tuo progetto di mondi?

A. Quando raccontiamo una storia, dobbiamo tenere a mente che stiamo raccontando un mondo intero, un microcosmo fatto di relazioni tra persone, tempo, spazio e molto altro. Se non poniamo la giusta attenzione agli elementi principali della narrazione, è difficile riuscire a scrivere qualcosa di coinvolgente, che tenga il lettore incollato dall’inizio alla fine. E prima di poterla raccontare, quella storia dobbiamo progettarla, cioè pensare bene ai dettagli che fanno la differenza, a ogni singolo elemento che la rende verosimile e coerente... anche quando all’interno ci sono draghi e magia. È un processo lungo e delicato, che mi porta ad accompagnare gli scrittori in un percorso di consapevolezza. Spesso, chi scrive non è consapevole di ciò che fa: scrive e basta, seguendo il flusso dei pensieri e delle emozioni. Ma quando c’è di mezzo un romanzo complesso, per tenere le fila di tutto bisogna creare un progetto. Tu che vivi di architettura lo sai meglio di me: non si può costruire un edificio bello, funzionale e con una struttura solida senza un piano preciso. La stessa cosa vale per la scrittura.

Q. Le tue parole mi pungono sul vivo se ripenso al romanzo fantasy che ho scritto quindici anni fa. Mi sono resa conto dopo di quanto la progettazione si ritrova in molti aspetti e in molte professioni. A questo proposito: come si riflette il tuo lavoro nel tuo spazio di lavoro?

A. Il mio lavoro e lo spazio in cui lo svolgo sono un tutt’uno. Quando progetto una storia, il mio studio si trasforma: intorno a me appendo post-it e appunti di ogni tipo, mi circondo dei libri che mi possono servire, ci sono tazze da tè ovunque e dizionari sempre a portata di mano (o di click). A volte c’è confusione e regna il disordine, allora faccio un respiro profondo e mi prendo una pausa per sistemare. Ed è in quei momenti di relax che nuove idee affiorano, pronte a farmi ricominciare tutto da capo.

Il parallelismo tra disordine fisico e confusione mentale, tra riordinare e flusso di nuove idee, mi porta a trarre una conclusione forse un po’ ovvia. Anche i grandi autori hanno attraversato le fasi che attraversiamo oggi. Il “e ora che scrivo” oppure “e questo messaggio come lo posso comunicare?” e ancora il noto “non riesco a buttare giù niente”. Ognuna di queste frasi, pensate o dette, sono risuonate nelle loro stanze, così come nelle nostre. E come nelle nostre avremmo potuto trovare: libri per l’ispirazione tazze di tè, candele… e che altro?

Grazie a Giulia abbiamo dato un’occhiata nello spazio di lavoro di una scrittrice contemporanea. Ma che ne pensate di fare un giro nella stanza di autori e autrici famosi, del passato o di oggi? Vi aspetto per fine giugno su Instagram per un viaggio nei luoghi e nel tempo, insieme a me e Giulia!


Playlist dell'articolo - Giulia's favours

Suite bergamasque, CD 82, L. 75: III. Clair de lune, Claude Debussy

Dream Valse, Josh Kramer

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