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21 Novembre 2024 • ,   

Spazi che raccontano

Intervista a Giulia Aglieri - Interior Designer

Giulia Aglieri, by Federica Davoli

Come spesso accade, la creatività si incontra per caso. 

La mia interlocutrice di oggi, Giulia Aglieri interior designer milanese, specializzata in ambienti domestici, di creatività ne sa parecchio. 

Quando ho cominciato a seguire il lavoro di Giulia, mi è stato subito chiaro che avevo trovato una persona affine. Nella bio di Instagram - nota come @yellowhelmetstory - poche parole rendono la sua mission evidente: "Creo spazi che raccontano una storia, curandone l'intera trasformazione".

Se si parla di spazio, non mi tiro mai indietro e posso affermare che lo starter point di questa chiacchierata è condiviso. Lo spazio comunica e, come una storia, ha diversi livelli di interpretazione.  Parla a chi lo vive, parla di chi lo vive e così facendo è una narrazione degli eventi vissuti. 

Sei curiosə di scoprire come lo racconta Giulia?

Q. A cosa pensi se ti parlo di spazio domestico? Lo ritieni associato ai ricordi o ai nuovi progetti?

A. È uno spazio sempre in trasformazione che ci influenza e che, lentamente e periodicamente, cambia un po’ seguendo chi lo abita. Qui possiamo rifugiarci, ma anche condividere momenti con le persone care. Personalmente preferisco pensarlo come luogo dove collezionare ricordi, sia se si tratta del mio spazio domestico, sia nel ruolo di progettista, in cui lo progetto per i miei clienti.

Q. In fin dei conti, questa è la casa: luogo poliedrico, nido, espressione di sè, punto di inizio della nostra estetica personale. Cosa vuoi raccontare attraverso il progetto di questo spazio familiare?

A. Mi sto dedicando molto a questo: lo spazio domestico cambia in relazione alle nostre abitudini, all’uso che ne facciamo o ne vogliamo fare. La casa deve essere innanzitutto un luogo in cui stare bene, lontano da mode del momento o canoni estetici che non ci rispecchiano. Ovviamente da progettista ho uno “stile” e dei gusti che trasmetto al cliente, ma nel progetto cerco sempre di plasmare i miei consigli rispettando le reali necessità. Lavorando soprattutto in case già esistenti e non in nuove costruzioni, per me è importantissimo anche rispettare il luogo di origine e la sua storia. Anzi cerco di prendere ispirazione anche da quello per dare forma alle mie idee. Non sempre è possibile farlo e spesso difficile, ma credo molto nel progettare in relazione al contesto. Ciò crea un filo conduttore che non stravolge l’anima preesistente dello spazio. È interessante anche aprirsi al fatto che lo spazio stesso può suggerire nuove abitudini o nuovi modi di abitare al meglio.

Q.  Il tema del progetto ci porta alla prossima domanda: che cos'è per te il design? È qualcosa di astratto e lontano - come qualche tipo di narrativa suggerisce - o ne siamo a contatto anche nella quotidianità e nel nostro spazio più intimo?

A. Il design è ovunque, è qualcosa con cui ci relazioniamo ogni giorno, pensiamo a tutti gli oggetti che ci circondano! Tutto è progetto! Prima di arrivare al dettaglio delle scelte, mi piace lavorare non tanto sull’astratto ma comunque sulle emozioni e sensazioni da cui partire per poi progettare nel concreto.

Q.  Cosa ti ha spinto a intraprendere questo tipo di lavoro e qual è il tuo spazio creativo? Ha delle caratteristiche in comune con gli spazi che crei?

A. Ho studiato Interior Design al Politecnico di Milano, inizialmente perché mi interessavano molto alcune tematiche di ricerca: la teoria, la storia del design, la storia degli spazi. Un po’ alla volta, ho capito che allestire e progettare uno spazio, contribuiva ad influenzare la relazione delle persone nello spazio stesso. E questo mi permetteva di dare un’esperienza di benessere nella quotidianità a chi attraversava e viveva quei luoghi tutti i giorni.

Il benessere nella quotidianità. Ammetto di essere molto colpita da questo concetto: non c'è modo migliore di esplorarlo se non attraverso l'analisi di un progetto di Giulia. Che ne dici di seguirmi alla scoperta di "Casa G"?


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Moby - Porcelain


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