Disegnare è una delle principali modalità di espressione: anche pochi segni comunicano una profondità spazio - temporale riconoscibile immediatamente: l’artista è in grado di dare vita a interi universi. Ma come influisce lo spazio vissuto da una persona nel tipo di arte che crea? Quali memorie, profumi, tradizioni, panorami, portano a un certo processo creativo?
L’ho chiesto a Giulia Pagliarulo che attraverso le sue opere per sognatori, tocca con gentilezza le corde del cuore che ci legano ai ricordi. Unitevi a me in questo nostalgico viaggio: lo spazio come chiave di lettura dove ci porterà?
Q. Giulia comincerei la nostra chiacchierata da una domanda che ci siamo già poste nel blog e che è diventata il nostro punto d’incontro: come immagini il tuo spazio ideale in cui creare?
A. A onor del vero mi sono resa conto che non mi ero mai soffermata su questo aspetto. Non avevo mai dato troppo peso allo spazio, ma più all'atmosfera in generale che accompagna il momento creativo. Forse l’arte non si crea solo grazie a ciò che “è dentro di noi”, ma anche, in effetti, grazie a ciò che “è intorno a noi”. Questo mi ha permesso di riflettere su quali sono gli spazi dove riesco davvero a disegnare sentendomi al sicuro e che mi hanno reso la persona che sono. Ho sentito la necessità di ripercorrere, seppur brevemente, le tappe dei luoghi che mi hanno insegnato a creare.
Q. Allora partiamo insieme. Ti va di raccontarci come hanno influito sulla tua arte gli spazi che hai attraversato negli anni?
A. Il primo luogo creativo della mia vita è stato sicuramente la casa dei miei genitori, quindi la casa della mia infanzia e dell’adolescenza. Una grande casa costruita da mio nonno paterno negli Anni ‘70, in un paesino del basso Salento. Si trova immersa in uno spazioso giardino sorvegliato da cani e popolato dagli animali da fattoria. Questa casa era stata pensata come luogo di convivenza tra generazioni. Appartamenti distinti ma comunicanti tra loro. Un progetto ambizioso, in parte anche realizzato.
Q. Questo tipo di abitazione è un richiamo all’edilizia rurale, molto presente nelle zone campestri lungo lo Stivale. È soltanto negli ultimi decenni che è sempre più presente il concetto di “separazione” dei nuclei famigliari. Che ricordi hai di quelle stanze?
A. Ricordo che ho iniziato da bambina a disegnare sui tavoloni di legno scuro della tavernetta, circondata e ispirata da molti libri illustrati, come il mio primo immenso amore: la serie della Scala d’Oro. In seguito ho continuato di sopra, nell’appartamento di mia nonna. Disegnavo in cucina seduta al suo tavolo rotondo, ricoperto dall’eterna tovaglia di plastica colorata. In sottofondo si sentiva la piccola tv a tubo catodico e dalla sua porta finestra vedevo i cipressi che frusciavano al vento, parlando tra loro.
Q. Propongo il tavolo rotondo delle nonne come patrimonio dell’umanità. Dal contesto che ci descrivi è già chiaro da dove derivano alcune ispirazioni per le tue illustrazioni. E la tua adolescenza? È stata ribelle?
A. Certo ho cambiato stanza! Da adolescente mi sono spostata nel tinello, che era sempre di nonna, In quello spazio rivestito in legno e tappezzato di quadri e foto di famiglia, un vecchio stereo sulla credenza riempiva la stanza di canti gregoriani. Lì, a fianco di mia zia - che dipingeva su legno e ceramica - ho iniziato a creare i miei primi personaggi in costume storico, ispirati all’estetica rinascimentale.
Da “grande” sono salita ancora di un piano, prendendo posto sulla terrazza dei miei genitori. Da lì potevo disegnare vedendo tutto il giardino, i cipressi slanciati verso il cielo, la pineta che si scuoteva al vento, le tortore e le rondini che volavano intorno alla casa. La playlist che riempiva le stanze - in aggiunta a quel turbinio naturale - era musica barocca, scelta da mio padre.
Un lungo percorso ‘verticale’ attraverso la casa, prima di spiccare il volo una volta che mi si fossero asciugate le ali, per trasferirmi a Roma.
Q. Gli spazi e le atmosfere che hai dipinto a parole si respirano anche nelle tue opere. Leggo le tue risposte e penso a come il disegno ti abbia portato a tradurre le stanze che hai vissuto nelle tue illustrazioni. Oggi com’è il tuo spazio?
A. Ora vivo in una casa di ispirazione industriale, ricavata in un'ex fabbrica di inizio Novecento. Per avvicinare questo spazio al mio immaginario bucolico l’ho riempito di piante, di vasi di fiori secchi, di piccoli quadri e di profumi di cucina... in attesa di trasferirmi al limitare di qualche bosco, un giorno.
Credo che il luogo in cui creo abbia bisogno di mantenere un contatto con gli affetti e la quotidianità, con gli oggetti della casa e con gli animali.
Se si ha la fortuna di poter dedicare uno spazio alla creazione, questo processo è più semplice. Ad esempio, non sono mai riuscita a disegnare in viaggio. Ho sempre dovuto aspettare il rientro a casa, nello “spazio sicuro" per buttare giù le immagini e le emozioni immagazzinate mentre ero lontana.
Giulia ci ha incantati con il suo viaggio nelle stanze che l’hanno portata dov’è ora. Lo spazio sicuro di cui ci parla e in cui si attiva il suo processo creativo, è spesso sinonimo di casa ed è uno specchio che riflette anche la sua arte. Ogni passaggio ha aggiunto qualcosa alla formazione della sua estetica naturale e un po’ nostalgica. Che tipo di spazio riesce a creare Giulia con questo background? La scelta degli strumenti di lavoro è stata casuale o il frutto di una ricerca?
Se vuoi tornare di nuovo in questo spazio d’artista io e Giulia ti aspettiamo a settembre, per la seconda parte di questo viaggio attraverso le stanze.
Sono Lisa, architetto, fantasy-dipendente e scrittrice di racconti. Creiamo insieme uno spazio in cui vivere alla tua velocità, dove riunirsi con chi ami e scrivere la tua storia.
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