Acquerelli che tratteggiano lo spazio dei sognatori
Disegno da quando ho memoria.
Tutti noi disegniamo: è piuttosto semplice far scorrere la penna sugli angoli dei fogli parlando al telefono o prendendo appunti. Ma il disegno ha i suoi livelli di difficoltà e c’è chi si destreggia abilmente, riuscendo con talento ed esercizio a rendere reale la sua visione. È il caso di Giulia Pagliarulo, artista dalla mano gentile, che crea illustrazioni dall’estetica naturale e fiabesca. Abbiamo scoperto la nascita della sua estetica in un viaggio attraverso le stanze vissute da lei sin dall’infanzia.
Ogni passaggio ha aggiunto un tratto alla sua penna: ma che tipo di spazio crea Giulia con le sue illustrazioni? Continua con noi questo viaggio all’interno di un autentico spazio d’artista.
Q. Nelle tue opere viviamo un mondo fiabesco da cui è difficile staccarsi. Ma dove le crei? A cosa pensi se ti parlo di spazio dell’artista?
A. Per me è uno spazio disordinato e luminoso. Un disordine che non è solo caos, ma più un “massimalismo” creativo dove ogni oggetto: un tubetto di colore, un foglio di un disegno lasciato a metà, un libro illustrato della mia infanzia, un fiore caduto dal vaso e finito sui fogli, aiuta a costruire una nuova opera . Uno spazio che immagino arricchito da una carta da parati a motivi botanici, un vecchio tavolo di legno, un divano, un piattino di torta e una tazza fumante sul tavolo da disegno. Spero di poterlo arredare così un giorno.
Q. Nella scorsa puntata di questa chiacchierata, ci raccontavi del tuo “spazio sicuro” in cui creare, uno spazio che ti ha accompagnato nella tua crescita. Oggi com’è diventato?
A. Lo spazio creativo che vivo oggi e che sento ancora momentaneo, è il tavolo da pranzo della mia casa di Roma, dove vivo col mio fidanzato e il mio gatto. È un grande tavolone di legno e metallo: una metà è adibita ai pasti, l’altra metà l’ho “rubata” io. È sempre disordinatamente piena di pennelli, di album da disegno, di pastiglie d’acquerello, fogli sparsi , matite e pastelli. Intorno, un po’ ovunque, ci sono fiori secchi in vaso o appesi al muro alle mie spalle, tante piante e centinaia di altri disegni raccolti alla bell’è meglio su una mensola.
Un caos, a volte un po’ soffocante, che mi piacerebbe un giorno “risolvere” in un luogo tutto mio. Uno spazio chiuso all’esterno e lontano da tutto, a meno che questo tutto non sia un giardino… come una volta.
Q. Le tue illustrazioni sono riconoscibili anche per la tecnica utilizzata nel realizzarle. Credi che gli strumenti scelti influiscano sul tipo di arte che si crea e sul messaggio che si vuole trasmettere?
A. Sì. Prima di scoprire l’acquerello - che uso attualmente - ho sperimentato con la grafite, con le sanguigne, con i markers, con gli inchiostri. Prediligevo il bianco e nero o mi limitavo a dei piccoli tocchi di colore. Anche la mia arte e i miei soggetti erano molto più grafici, li definirei quasi più ‘duri’. Leggevo le graphic novels, sognavo di realizzare un fumetto, vestivo sempre sportiva e con colori scuri. Il marker nero era ciò che definiva maggiormente i miei personaggi.
L’acquerello mi ha insegnato ad esercitare quel lato onirico e sospeso nel tempo, quello che richiama l’infanzia, che in quegli anni ignoravo ancora, e che adesso è la chiave per ogni cosa che creo.
Q. “È la bacchetta a scegliere il mago” disse un certo Olivander a un mago molto conosciuto. Personalmente sono una grande fan dell’acquerello, non posso che immaginare il mezzo più adatto per esprimere la tua estetica. È vero che è uno strumento complesso da utilizzare?
A.L’acquerello ti impone la pazienza. A volte il suo essere imprevedibile mi aiuta a far sì che non sia solo e sempre io a decidere la sorte di un dipinto, ma che a volte sia il colore e l’acqua che lo muove a decidere dove andare, quanto intensamente pigmentare, con che sfumatura asciugarsi. Mi insegna a lasciare un po’ andare. Da qui un po’ la prima frase della mia bio: “acquerelli poetici per sognatori”.
Il mio sogno attualmente è quello di illustrare un libro per bambini, ma a volte mi dico che forse sarebbe ancora più bello illustrare un libro per adulti che vorrebbero tornare bambini.
Q. Mi sento molto parte di questa categoria e amo il concetto di “massimalismo creativo” di cui parlavi. Rende l’immagine del fluire delle idee e dell’ispirazione e si può applicare anche alla tecnica che usi. Ricorda molto l’infanzia: gioiosa, colorata, massimalista e il ricordo della stessa. Deriva da qui la naturalità, un po’ nostalgica, che si ritrova nella tua estetica?
A. I temi dei miei piccoli acquerelli, trovano sicuramente origine dalla mia infanzia un po’ solitaria, vissuta da figlia unica ma circondata da adulti che mi hanno amato e da molti animali che ho trattato come amici alla pari. Dalle ore trascorse a giocare con i cani in giardino o insieme a nonna ad annaffiare, sentendo l’odore di terra bagnata fortissimo nelle narici, o dal profumo della cucina in casa della mia nonna materna. Nella mia arte forse, come mi hai suggerito tu Lisa, la parola più giusta potrebbe essere “nostalgia’” Mi piace riuscire a trasmettere un aspetto gioioso ma che abbia una punta di malinconia. Il ricordo dolce di un periodo svanito, quello dell’infanzia insieme ai nonni, vissuta tra un giardino e un paesino di mare, dove tutto era uno scrigno perfetto ma ancora non lo sapevo.
Credo che l’atmosfera dei miei disegni debba molto a queste esperienze, a queste suggestioni visive e sensoriali.
Q. Si percepisce che questo stile si respira anche nello spazio che abiti, dagli accenni in merito al luogo in cui lavori. Hai mai disegnato elementi architettonici?
A. Ho cominciato solo da poco. Dopo qualche tentativo poco convinto fatto negli anni, sto iniziando ad esercitarmi. Piccole porzioni di case, elementi architettonici o d’arredo che possano raccontare qualcosa di chi li vive: una finestra, un portone, una credenza, un letto. Spero di prenderci un po’ la mano, mi piacerebbe un giorno saper disegnare anche piccoli scorci e paesaggi.
Può sembrare che i dettagli architettonici o d’arredo di cui abbiamo parlato, siano per l’appunto dettagli. Eppure lo spazio di lavoro di Giulia è definito da loro: i materiali, le idee di arredo, l’ispirazione sono la traduzione delle stanze che Giulia ha attraversato. Lo spazio sicuro di cui parla e in cui si attiva il processo creativo, è spesso sinonimo di casa ed è uno specchio che riflette anche la sua arte.
Grazie a Giulia siamo entrati - per il tempo di un botta e risposta - dentro uno spazio prezioso che è quello di un’artista. Questi luoghi, al confine tra il reale e l’immaginato, sono cangianti e sarebbe meraviglioso scoprirne di nuovi. Se sei un creativo o un sognatore con un progetto di cui parlare, perchè non scambiamo due chiacchiere? Mi trovi qui.
Sono Lisa, architetto, fantasy-dipendente e scrittrice di racconti. Creiamo insieme uno spazio in cui vivere alla tua velocità, dove riunirsi con chi ami e scrivere la tua storia.
Viaggio nelle stanze di Giulia Pagliarulo “Mediante la linea, il disegno fissa l’immagine” (fonte Enciclopedia Treccani). Disegnare è una delle principali modalità di espressione: anche pochi segni comunicano una profondità spazio - temporale riconoscibile immediatamente: l’artista è in grado di dare vita a interi universi. Ma come influisce lo spazio vissuto da una persona nel […]
Sono Lisa, architetto, fantasy-dipendente e scrittrice di racconti. Creiamo insieme uno spazio in cui vivere alla tua velocità, dove riunirsi con chi ami e scrivere la tua storia.