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29 Luglio 2024 •   

Nella stanza di... Ernest Hemingway

Spirito avventuroso e indipendente, si sposò quattro volte e fu conducente di ambulanze per la Croce Rossa sul fronte italiano, durante la Prima guerra mondiale. Fu amante della caccia, della pesca, delle corride e della vita all’aria aperta, e trascorse molto tempo in luoghi come Cuba, Spagna, Africa e le Montagne Rocciose.

“Non m’importava che cosa fosse il mondo. Volevo soltanto sapere come viverci. Forse, se scoprivi come viverci, imparavi anche che cos’era.”

Con una vita così turbolenta non mi stupisce che Ernest Hemingway preferisse scrivere in piedi. Proprio così. Lo scrittore che vinse il Pulitzer nel 1953 e il Nobel per la Letteratura l’anno successivo, lavorava con la macchina da scrivere all’altezza del petto, fra cataste di libri e giornali. Le ferite riportate in due incidenti aerei, infatti, gli rendevano insopportabile stare seduto troppo a lungo. 

Sono tanti i luoghi in cui Hemingway scrisse i suoi capolavori, come Parigi negli anni ‘20, Key West (Florida) e Ketchum, in Idaho, dove visse i suoi ultimi anni. Ma è a Cuba, nella tenuta di Finca Vigía, che realizzò alcune delle opere più famose, tra cui “Il vecchio e il mare”, la novella che racconta la lotta epica di un vecchio pescatore cubano contro un gigantesco marlin.

Immagine creata con l'intelligenza artificiale da Giulia @lettereleggere

La stanza di Hemingway non era uno studio (né la torre a quattro piani che la moglie gli fece costruire apposta per scrivere), bensì la camera da letto, perché era più vicina al trambusto della casa. E come potete immaginare, l’arredo era uno specchio della sua vita: c’erano trofei di caccia appesi alle pareti, come una testa di gazzella appesa al muro, e una pelle di leopardo in cima all’armadio. Oltre alle librerie stipate di volumi storici, fotografie e ricordi di viaggi, c’era una scrivania in legno che, ovviamente, non usava mai per scrivere… Anche perché era ricoperta da oggetti tra i più disparati, come un leone di pezza, orologi fermi, custodie di fucili da caccia, pile di lettere, ritagli di vecchi giornali e perfino un sacchetto pieno di denti di animali carnivori. 

Hemingway cominciava a scrivere alle 6.30 del mattino, quando “l’aria è fresca o fredda e inizio a lavorare, e mentre scrivo sale il tepore”. Si metteva davanti a una delle librerie, sopra la quale c’era un leggio, e lì cominciava a consumare matite, passando alla macchina da scrivere solo quando la prima stesura era a buon punto.

Mentre la sua scrittura è diventata celebre per uno stile minimalista, diretto, caratterizzato da frasi brevi e un uso parsimonioso di aggettivi e avverbi, la stanza di Hemingway raccontava in ogni angolo la complessità di un’esistenza audace, travagliata e inquieta, ma vissuta sempre appieno.

“Dopo aver scritto un racconto ero sempre vuoto e triste e felice insieme, come se avessi fatto l’amore.”

Immaginando lo spazio in cui scriveva, cosa vediamo?

Immagine creata con l'intelligenza artificiale da Giulia @lettereleggere

Nella stanza di Ernest Hemingway c’è un assaggio di molti luoghi. Appesi alle pareti ci sorvegliano i trofei di caccia conquistati negli anni. Lampade  da tavolo di diverse epoche, posate qua e là,  illuminano di luce calda le file di libri e le pile di giornali. Fotografie un po’ sbiadite, pezzi d’arredo rustici, primitivi e molto mascolini. La poltrona in pelle dietro la scrivania, giace sommersa dagli oggetti più disparati e non tutti funzionanti. Un’intera parete è dominata da una libreria rigonfia e fa da contraltare alla parete opposta, le cui finestre affacciano su un giardino che, alla luce dell’alba, già brilla di colore. La penombra  della notte che si sta trascinando via, rende la stanza morbida e oscura allo stesso tempo: davanti alla libreria, in piedi come un direttore d’orchestra, un uomo agita la matita su un foglio già fitto. Lo scrittore alza gli occhi su l’Havana che si sta risvegliando, poi intravede la macchina da scrivere. Ammiccante, nascosta dalle lettere sparpagliate lì accanto, lo chiama come una sirena, strappandogli un cenno. È il momento di  passare al testo definitivo.

Come avere uno spazio ispirato ad Ernest Hemingway?

Archireaders - Vision board per una stanza ispirata a Ernest Hemingway

Trofei di caccia. No, non stiamo parlando di quelli veri, ma di riproduzioni in legno o gesso oppure dei “banchi” da trofeo vuoti. Hemingway era uomo del suo tempo, molto ferrato nella caccia e nelle attività all’aria aperta. Per una stanza ispirata a lui, perchè non posizionare qualche “citazione” fisica di questa sua passione? È possibile trovarne di interessantissimi, quasi astratti, con corna fatte di rami fioriti oppure talmente stilizzati da non capire di che animale si tratta. 

Pareti in shiplap. Molte vecchie case americane hanno pareti caratterizzate da assi di legno orizzontali, o a volte verticali, retaggio del metodo costruttivo di quel tipo di abitazioni. All’epoca venivano lasciate al grezzo negli edifici più spartani o eventualmente ricoperte di carta da parati. Negli ultimi anni, soprattutto dipinte di bianco o verde salvia, sono un simbolo dello stile farmhouse, possibile da replicare anche con pannellature o carta da parati. 

Libri e giornali.  Costante ispirazione, ecco uno dei motivi che ha spinto gli scrittori ad avere a disposizione libri e giornali. È facile immaginare Hemingway in una stanza traboccante di libri: non per forza deve esserlo anche la nostra. Un suggerimento per riproporre quell’atmosfera sono stampe di vecchie prime pagine appese alle pareti, alternate a qualche scaffale a giorno riempito dai nostri libri preferiti. 

CaArte e colore. Non è difficile immaginare lo studio di Ernest ricco di memorie fisiche della sua vita intensa. A questo si aggiunge certamente il colore, caratteristico di Cuba, luogo in cui ha vissuto a lungo. Per uno spazio ispirato all’autore de “Il Vecchio e il Mare” scegli il colore: non soltanto le sfumature dell’oceano, ma anche i caldi colori del sole, il verde accecante delle Sierras e la Havana Forest.

“Non c’è nessun amico più leale di un libro.”


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